Società sportiva dilettantistica: il panorama

Società sportiva dilettantistica: il panorama

Vediamo qual è il ruolo della società nell’ambito dell'ordinamento sportivo (comprese le apparenti contraddizioni).

A parte le previsioni normative, nel diritto italiano le norme di legge che si riferiscono all’Associazione sportiva dilettantistica (Asd) sono poche – e non organiche.

Il 95% delle società sportive dilettantistiche in Italia assume la veste di associazione.  Le ragioni della scelta sono soprattutto di due tipi:

  • semplicità e risparmio economico sia nella costituzione che nella gestione
  • vantaggi fiscali

Rispetto ai vantaggi fiscali, la legge 289/2002 ha però permesso di usufruire del regime fiscale agevolato (legge 398/1991) anche alle cooperative e alle società di capitali costituite per svolgere attività sportive dilettantistiche senza scopo di lucro. Mentre prima l’opportunità era riservata alle sole Associazioni.

Nonostante questo, l’associazione è ancora la forma più diffusa nel panorama dilettantistico.

Quasi tutte le Asd assumono la forma di associazione sportiva priva di personalità giuridica.

Fra le normative di riferimento anche gli articoli 36 e seguenti del Codice Civile: ecco che le associazioni sono ispirate al principio di democrazia interna, a differenza delle società di capitali dove il «peso» dei soci è proporzionale alle quote o alle azioni sottoscritte.

Ovviamente non ci sono solo agevolazioni e vantaggi: associazione e la società sportiva dilettantistica hanno anche limitazioni.

Per esempio, i loro amministratori non possono «ricoprire la medesima carica in altre società o associazioni sportive dilettantistiche nell’ambito della medesima federazione sportiva o disciplina associata se riconosciuto dal Coni, ovvero nell’ambito della medesima disciplina facente capo ad un ente di promozione sportiva» (L’art. 90 comma 18 bis della L. 289/2003).

Solo per fare alcuni esempi, sono previsti anche

  • divieto di distribuire anche in modo indiretto utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge
  • obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie
  • intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa

(Testo Unico Imposte sui Redditi (TUIR), art.148)

Vista la passione nazionale per il calcio e la sua diffusione, non stupisce che le Asd sono una presenza molto importante in questo settore sportivo: il «Report calcio» ha individuato in Italia circa 11.260 società dilettantistiche, pari al 78% delle società calcistiche.

Società e ordinamento sportivo: un’apparente contraddizione

Proviamo ad approfondire il ruolo della società sportiva nell’ambito dell’ordinamento sportivo.

Nonostante l’ampio utilizzo della Asd, proprio la finalità lucrativa delle società ha sempre acceso un appassionato dibattito sull’utilizzo del termine «società».

Termine ritenuto improprio, vista l’apparente contraddizione tra l’obbligo di non avere scopo di lucro e il disposto per cui «con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili» (art. 2247 c.c.).

L’articolo 90 della legge 289/2002 ha istituzionalizzato a rango legislativo la previsione dell’art. 29 dello statuto del Coni, che già consentiva la possibilità di costituire società di capitali «con l’obbligo del reinvestimento di tutti gli utili prodotti». Semplificando, significa che anche le società “vere e proprie” possono essere prive di lucro.

Il nostro codice civile prevede nel concetto di società di capitali tre forme societarie: 1) società per azioni 2) società in accomandita per azioni 3) società a responsabilità limitata.

Tuttavia per le società di capitali sportive professionistiche la scelta è stata limitata a quelle per azioni e a responsabilità limitata, perché nelle società in accomandita ci sono invece soci accomandatari “illimitatamente responsabili” (questo è avvenuto già in sede di approvazione dell’originario testo della legge 91/81).

In seguito, con la novella del 2004 è stata aggiunta la possibilità per gli enti sportivi di costituirsi anche in forma di cooperative a responsabilità limitata di carattere sportivo: che già prima del formale riconoscimento erano insite nell’ordinamento sportivo.

Nelle società di capitali prevale l’elemento patrimoniale, che si conferma nel riconoscimento della personalità giuridica e che sfocia nell’autonomia patrimoniale perfetta: ossia, delle obbligazioni assunte ne risponde solo il patrimonio della società.

Ecco i caratteri che accomunano i tipi di società di capitali sportiva.

  • i soci godono del beneficio della responsabilità limitata
  • il potere di amministrazione è separato dalla qualità di socio
  • L’organizzazione interna della società si articola in più organi, ciascuno dotato di propria competenza.

L’assemblea è l’organo dove sono rappresentati tutti i soci in possesso di quote di proprietà. Delibera su nomina e revoca degli amministratori, sulle azioni di responsabilità nei loro confronti, sull’approvazione del bilancio annuale che hanno redatto e sulle modifiche all’atto costitutivo.

Il consiglio di amministrazione è l’organo a cui compete la gestione diretta della società e di solito i poteri sono dati a un amministratore unico. Infine c’è il collegio sindacale: l’organo di controllo che ha la funzione di verificare la regolarità della gestione amministrativa della società.

Un’ultima nota: la qualità di socio è liberamente trasferibile. Per cedere la quota non c’è bisogno del preventivo consenso di altri soci – a meno che non ci sia una clausola di gradimento nei confronti dell’acquirente. La cessione della quota dev’essere fatta con atto notarile.

photo credit: Daniele Zanni via photopin cc

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