
Acquisto di casa che proviene da donazione: soluzioni possibili
Vediamo quali sono le possibili soluzioni per evitare che la donazione crei problemi nella circolazione immobiliare, soppesandone i vantaggi e i limiti.
Acquistare una casa che proviene da una donazione può comportare qualche rischio. In particolare, quello di vedersi costretti a restituirla ai “legittimari”, persone a cui la legge riserva una quota di eredità. Dopo avere introdotto la questione negli articoli delle scorse settimane, vediamo ora quali sono le possibili soluzioni per evitare che la donazione crei problemi nella circolazione immobiliare, soppesandone i vantaggi e i limiti.
1. Fideiussione bancaria o assicurativa
Si garantisce l’acquirente con una garanzia fideiussoria rilasciata da una banca o da un’impresa assicuratrice: il termine coincide con la scadenza dei vent’anni a partire dalla stipula della donazione.
Una nota preliminare: si ritiene (anche in giurisprudenza) che la garanzia fideiussoria non può essere prestata né da chi ha ricevuto la donazione (inutile, perché il recupero del bene presso l’acquirente “terzo” presuppone per legge che proprio chi ha ricevuto la donazione sia insolvente) né da chi ha fatto la donazione o dagli altri legittimari (opzione nulla, perché sarebbe considerata elusiva del divieto di rinunciare ai propri diritti di legittima prima dell’apertura della successione).
vantaggi
1) Strumento utile ed efficace se associato alla rinuncia all’azione di opposizione degli altri legittimari (che garantisce il trascorrere del ventennio senza interruzioni). In questo caso permette infatti al terzo acquirente di recuperare l’importo necessario per pagare al legittimario l’equivalente in denaro del danno accertato dal giudice in sede di riduzione, ed evitare così l’obbligo di restituire l’immobile (ricordiamoci sempre che in alternativa alla restituzione del bene si può corrispondere al legittimario danneggiato l’equivalente in denaro del danno accertato!).
limiti
1) il costo della garanzia, soprattutto se la donazione è recente: in quel caso si deve garantire una lunga finestra temporale
2) durante i vent’anni potrebbero presentarsi altri legittimari rispetto a quelli che hanno rinunciato all’azione di opposizione: e se decidono di opporsi alla donazione, nei loro confronti decorre un altro ventennio.
2. Rinuncia all’azione di restituzione
Abbiamo visto che il legittimario danneggiato dalla donazione, dopo la morte di chi ha donato, può decidere entro dieci anni dall’apertura della successione di agire “in riduzione” contro chi ha ricevuto la donazione. Lo scopo è di ottenere una sentenza che dichiara l’inefficacia nei suoi confronti della donazione: nel caso di vittoria, la legge gli riconosce un’altra azione, definita di restituzione. Serve nel caso in cui chi ha ricevuto la donazione è insolvente e non possiede altri beni per “risarcire” il legittimario: in questo caso, permette di recuperare i beni donati anche presso altri (ma ricordiamo ancora una volta che l’azione di restituzione presso terzi è possibile solo se non sono ancora trascorsi venti anni dalla donazione).
Alla luce di questo scenario (e restando comunque fermo il divieto per i legittimari di rinunciare all’azione di restituzione) non pochi autori ritengono che i legittimari potrebbero rinunciare – anche quando chi ha fatto la donazione è ancora in vita – all’azione di restituzione nei confronti dei successivi acquirenti.
A sostegno di questa tesi si è pronunciato di recente il Tribunale di Torino (con la sentenza del 26 settembre 2014), che ha ritenuto lecita la rinuncia all’azione di restituzione verso i terzi aventi causa dal donatario, prima della morte del donante.
Vantaggi
- basta una semplice dichiarazione di rinuncia da inserire nello stesso atto di donazione (o in seguito, con un atto separato)
- costi contenuti
- renderebbe il bene di più facile circolazione da subito, senza dover attendere vent’anni (il legittimario che rinuncia all’azione di restituzione, infatti, potrà dopo la morte del donante agire in riduzione contro chi ha ricevuto la donazione e chiedere allo stesso la compensazione del danno ricevuto, ma non potrà più recuperare il bene presso terzi diversi da chi ha ricevuto la donazione)
Limiti
- non è un rimedio condiviso all’unanimità “in dottrina”: molti ritengono ancora che prima della morte del donante non si può rinunciare neanche all’azione di restituzione contro terzi, visto che questa azione e l’azione di riduzione (per cui questo tipo di rinuncia è espressamente vietata dalla legge) sono azioni strettamente connesse e funzionali tra loro. Soprattutto, non c’è un consolidato orientamento giurisprudenziale per la sua ammissibilità:
- il rischio è che nonostante questa rinuncia i legittimari ottengano dal giudice una sentenza che dichiara – tra l’altro – la nullità della rinuncia all’azione di restituzione (tutto questo potrebbe accadere alla morte di chi ha fatto la donazione, si legittimari agiscano in riduzione e in caso di vittoria chiedono la restituzione del bene anche presso i successivi acquirenti)
- bisogna sempre considerare che prima del ventennio dalla donazione possono presentarsi altri legittimari che non hanno rinunciato.
3. risoluzione della donazione per mutuo consenso
È il rimedio oggi più utilizzato e collaudato.
Si tratta di un contratto tra chi ha fatto e chi ha ricevuto la donazione, da stipulare prima della vendita della casa a un terzo, con cui si risolve il contratto di donazione fatto a suo tempo. In sostanza, si ripristina così, in maniera retroattiva, la situazione precedente alla donazione: chi ha fatto la donazione ritorna proprietario del bene, perché in sostanza è il negozio concluso in precedenza tra lui e chi ha ricevuto la donazione.
Vediamo qualche aspetto più tecnico.
Come affermato dalla Cassazione (e ora confermato anche dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 20/E del 14 febbraio 2014) il contratto di risoluzione per “mutuo consenso” (di una precedente donazione) concretizza un atto autonomo che è stipulato dalle originarie parti (ovvero dal donante e dal donatario o dai loro eredi) con lo scopo di eliminare un precedente contratto (di donazione). Per effetto di questo atto, a loro volta gli effetti prodotti dall’originario contratto (di donazione) sono eliminati ab origine in quanto il donante è ripristinato nella proprietà e nel possesso del bene donato con decorrenza dall’atto di donazione eliminato (ossia con effetti retroattivi).
In questo caso è risolta la precedente donazione e quindi eliminata la provenienza donativa: la vendita del bene sarà stipulata non già con l’ex donatario ed ex proprietario, bensì con l’ex donate ritornato a essere il legittimo proprietario del bene.
Un’ultima nota: l’eliminazione del contratto e il ripristino della situazione precedente alla donazione non può però pregiudicare i diritti nel frattempo riconosciuti ai terzi. Per esempio, se chi ha ricevuto la donazione avesse iscritto ipoteca sul bene donato, oppure avesse subito un pignoramento, questa risoluzione non sarà opponibile al creditore ipotecario o al pignoramento in quanto iscritti prima della risoluzione.
Vantaggi
- Rimedio più utilizzato e collaudato
- È stata ammessa anche in giurisprudenza la sua ammissibilità come negozio risolutorio per eliminare il precedente contratto di donazione, che di conseguenza non figurerà più nella provenienza ventennale del bene
- È diventato un negozio meno oneroso di un tempo: sconta le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella sola misura fissa di 200 euro ciascuna (questo, grazie alla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 20/E del 14 febbraio 2014, che abbiamo già citato: prima di essa molti uffici dell’Agenzia delle Entrate consideravano il negozio risolutorio come un ri-trasferimento del bene, e di conseguenza era sottoposto a imposte di registro, ipotecarie e catastali in misura proporzionale, con costi spesso importanti).
Limiti
- Deve essere per forza concluso prima della vendita del bene donato: come abbiamo visto, questo negozio non è opponibile ai terzi aventi causa del donatario. Così nell’ipotesi in cui il donatario abbia venduto a qualcuno l’immobile, che poi decide di rivenderlo a sua a un’altra persona (senza che siano ancora passati venti anni dalla donazione) non si potrà più risolvere il contratto di donazione perché nella catena delle provenienze si è inserita la vendita tra chi ha ricevuto la donazione e il primo acquirente
- il bene sarà venduto dall’ex donante, e sarà lui a incassare il relativo prezzo. Il contratto risolutorio ha infatti la funzione di eliminare la precedente donazione e non di modificarne l’oggetto (per esempio, non si può fare in modo che “al posto dell’immobile ti dono il ricavato dalla sua vendita”)
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